Ciao, Gian Paolo

In onore del nostro grande amico e Maestro Gian Paolo.

 

Le relazioni presentate ora sono state interessanti, tecniche ti hanno presentato quale studioso, futurologo, quale tu eri, io desidero raccontare di te, di quel Gian Paolo che noi tutti qui abbiamo conosciuto e che forse ho conosciuto un po’ di più perché incontrato per la prima volta esattamente sessant’anni fa.

Io credo di averti  conosciuto in questi lunghi anni, ma non so fino a qual punto, eri sempre imprevedibile.

Ti ho incontrato appunto nel 1957,  l’anno del congresso Intersteno a Milano. Io ero un’anonima allieva del Magistero stenografico guidato da Andreini, Garlinzoni, Beltrami, il nostro brillante Paganini era anche lui un allievo, e tu eri già noto perché grazie al prof. Rodriguez avevi partecipato a gare stenografiche con ottimi risultati e in quell’occasione ti ricordo che trasportavi macchine per scrivere, sempre pronto ad aiutare, mai fare solo il damerino.

Eri magro allora, ma anche dopo non più magro, quando andavamo a verbalizzare convegni, assemblee o simili, continuasti a portare registratori ed attrezzature varie oltre ai computer, e allora non erano certo leggeri come quelli di oggi. Non ti risparmiavi mai, generoso sempre anche quando già i tuoi occhi ti davano problemi e non avresti dovuto portare pesi.

Ti ho incontrato agli esami di abilitazione di stenografia, eri seduto  davanti a me alla prova di velocità, sicuro,  spavaldo quasi, altrettanto apparivi quando ti incontravamo alla fiera campionaria di Milano allo stand della tua ditta di cui un giorno diventasti direttore generale. Mostravi sempre sicurezza che dava sicurezza a chi ti stava vicino.  

Mi insegnasti il Cima e ci tenevi a dire che ero stata tua allieva, io che ero Gabelsbergheriana, stenitaliana. Eri già aperto a tutti i sistemi, più avanti aperto a  tutte le tecnologie.  

Ricordo quando nel 1981 ci incontrammo al congresso Intersteno a Mannheim tu concorrente, io per la prima volta responsabile della giuria di stenografia, nominata dal prof. Rodriguez, allora delegato italiano all’Intersteno. La sera uscivamo insieme con gli amici ma mai mi chiedesti del tuo elaborato, mai chiedesti un’indiscrezione. Tu eri venuto in macchina e la mettevi a disposizione del nostro gruppetto anche per i trasferimenti tra gli alberghi, come facevi d’altronde, quando partecipando a convegni in altre città, se arrivavi in aereo o in treno e prendevi a nolo un’auto, la mettevi a disposizione a quanti potevano averne bisogno.

Ti ricordo quando ti presentavi alle gare interregionali, nella nostra Milano, parlare con te e con tuo fratello Alberto era come andare a un corso di aggiornamento.

Il mondo stava cambiando, il computer e le nuove tecnologie si affacciavano nel mondo del lavoro. E tu, quando potevi, mi invitavi a partecipare a seminari dove mi pareva di appartenere a un altro mondo. Penso avessi piacere che non rimanessi estranea al cambiamento tecnologico in atto. Ti piaceva essere circondato da persone con le quali dialogare su quanto era di tuo interesse, di contraddirti se necessario; quante volte sul lavoro abbiamo detto che se due teste la pensano tutte due allo stesso modo una della due non serve.

Incominciammo a lavorare insieme verso la fine degli anni ottanta e quante tappe abbiamo percorso. Molte soddisfazioni, qualche grattacapo.

Ricordo quando a metà circa degli anni novanta per primi usammo ISDN e fu per l’aula bunker del Tribunale di Varese per un processo con più di cento imputati; ricordo quando riuscimmo a collegarci con la voce dall’aula consiliare della Regione Liguria e che dire delle lunghe ore che passasti a studiare per la decodifica di Michela e quando incominciammo con il riconoscimento vocale? Per quest’ultimo, tu, io pionieri, ci qualificarono come dei “pappagalli”. Per fortuna ci furono anche alcuni amici, pochi per la verità, tra questi Luigi Zambelli che ci sosteneva e ci additava nuove strade.

Quante lezioni abbiamo fatto gratis all’interno del nostro gruppo, e non solo. Preparavamo le ragazze a spese nostre e quando erano ben preparate ce le portavano via.

E che dire della tua puntualità? Quando venivi a casa mia, se l’appuntamento era per le nove, arrivavi prima ma rimanevi giù e suonavi esattamente alle nove. Puntuale, come il nostro amico Mauro Panzera, riferimento primo delle associazioni svizzere delle quali facevamo parte, se si tardava un attimo, un valico è sempre un valico, il nostro presidente diceva “l’appuntamento era alle 10 zero zero…”, ma per lui Gian Paolo era Gian Paolo. Che bella amicizia la loro!

Apparivi sempre sorridente, ospitale, quanti pranzi hai offerto, quanti mazzi di fiori hai donato alle signore. Sempre galante il nostro Trivulzio.

Ma quando credevi in una cosa guai a contraddirti, non ammettevi ostacoli. Ricordo quando nel 2002 a Helsinki presentasti le gare Internet e sopratutto ricordo un’accesa discussione in tedesco. Quella volta temetti che ti sarebbe venuto un infarto tanto ti eri arrabbiato.

Desidero ricordare i nostri viaggi in macchina a Torino, dove grazie ai nostri soci della Dettoscritto, abbiamo lavorato ancora per diversi anni. Durante quei trasferimenti era tutto un fare progetti, programmare cose realizzabili e non, e che soddisfazione quando questi sogni trovavano concretezza! Un sogno è rimasto incompiuto: per me “andare su a Superga”, ma non si avanzava mai il tempo, c’erano lunghe conversazioni con Camellini e Bertolotti l’autore del Kat per Michela*: un altro sogno non realizzato. Questo Kat, italiano, infatti non riuscì ad entrare al Senato della Repubblica italiana. C’erano anche le conversazioni con gli informatici di Koiné, tra cui Amanda, che di lui disse alla sua morte “Dopo il mio papà è la persona dalla quale ho imparato di più”.

Grazie Gian Paolo, maestro, socio, amico. 

*Michela è la macchina di stenotipia usata al Senato della Repubblica italiana, dal nome dell’inventore piemontese, Michela Zucco e Kat è: traduzione automatica dei caratteri.

 

Video da parte di Marta Riccò

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Ricordo di Maria Luisa Corti Crippa
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Ricordo di Paolo A. Paganini
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Testimonianze e ricordi
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